ALL'INIZIO...
...avevo sedici anni quando successe per la prima volta.
Era un giorno qualsiasi dell'aprile della mia terza superiore, come tutte le mattine ero a scuola, e all'ultima ora di lezione la prof di inglese non lasciava andare in bagno nessuno, neanche la sottoscritta che per una volta avvertiva l'ingente bisogno di andare a liberarsi.
Suona la campanella, infilo di fretta tutta la mia roba nello zaino, corro in bagno ma...
...le inservienti solerti come se fossero state frustate per compiere il loro lavoro avevano già pulito il bagno e davanti a me c'era solo il pavimento bagnato e un'arcigna donna di mezz'età.
"Ragazzì, dov'è che vuoi andare te?"
"Devo andare in bagno!!"
"Ho appena pulito, non se ne parla..."
Inutile dire che intanto l'ingente stimolo si era trasformata in un'inaspettata emergenza.
Avevo sedici anni, non ottanta, potevo comunque benissimo trattenerla.
Leggermente tremante sulle mie gambe e con il passo un po' incerto comincio a camminare verso la fermata del bus. Lo prendo, scendo alla fermata vicino al mio palazzo, continuo la mia faticosa marcia.
Starnutisco.
Lo spasmo è inevitabile e qualcosa in me, nel mio ventre, si rompe.
Un fiotto caldo, delicato ma incontrollabile pervade il mio basso ventre e incredula mi piego in avanti, accucciandomi leggermente, intanto una larga chiazza bagnata si allarga all'altezza del mio intimo sui miei jeans. La chiazza si allunga, si dipana sull'interno coscia lungo il tessuto, sui polpacci fino alle caviglie, gocciolando sulle converse.
Sento calore, umidità e bagnato lungo le gambe e sul sedere.
Stordita ma pervasa da intenso sollievo, allungo una mano sul mio fondoschiena per toccando dove gli occhi non possono arrivare, sento il denim fradicio sotto il tocco delle mie dita.
Il sollievo fisico lascia spazio alla consapevolezza, la consapevolezza porta la vergogna.
Sconvolta.
Agitata mi sbrigo per la strada, cercando di rincasare il più in fretta possibile, evitando un paio di tizi che camminano li vicino. Mentre cammino il tessuto si strofina tra le cosce imbrattate con un suono viscido.
Fortunatamente sono la prima a entrare in casa, genitori a lavoro, sorelle ancora sulla via da scuola, chiudo con un sospiro la porta dietro di me, e mi infilo in camera.
Via lo zaino, via il giubbino, rimango a fissarmi allo specchio concentrandomi sulle sensazioni che avevo appena provato.
Tolte la vergogna e la paura di essere vista in quelle condizioni, pisciarsi sotto era stata una cosa idilliaca.
Il profondo sollievo di ogni fibra del corpo che si libera, l'umido calore che accarezza la pelle, quel momento di vuoto totale che mi aveva avvolta con una piccola stretta allo stomaco, istanti di attaccamento panico al mio corpo che fremeva di libertà.
Ero eccitata, non eccitamento sessuale, ma più un'esaltazione della mia persona, una scarica di adrenalina che si era riversata lungo la spina dorsale mentre la calda pipì si era riversata tra le mie gambe.
Stetti davanti a quello specchio a rigirarmi e riguardarmi, tastando i tra le cosce e sul sedere per almeno dieci minuti.
Era stato come un battesimo.
Capii che era bello.
Decisi di non farlo più.
Scelsi di soffocare quella scoperta.
Due giorni dopo nascondevo tra i panni in lavatrice i pantaloni di una tuta di mia sorella maggiore infradiciati del mio piscio.
Bellissima storia complimentissimi davvero quando l'ho letta sono rimasto a bocca aperta, mi sono immaginato la scena
RispondiEliminaIo sono sempre stato del parere se una cosa piace per stare bene con se stessi va fatta senza rinunciare magari anche di nascosto ma vanno fatte mai rinunciare
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